Oltre le etichette: affrontare le sfide dell'inclusione di genere e orientamento sessuale

Fino a qualche tempo fa non era insolito leggere, all’interno degli annunci di lavoro e nelle richieste dei referenti aziendali, che determinati ruoli lavorativi fossero riservati specificatamente a un personale “maschile” o “femminile”. Facciamoci caso: anche nella compilazione di un questionario o documento amministrativo, o semplicemente sulle nostre carte di identità, le lettere F ed M, comparivano come quadratino “anagrafico”, al pari del nostro nome, cognome e luogo di nascita.

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Oltre le etichette: affrontare le sfide dell'inclusione di genere e orientamento sessuale

Questo binomio “maschio” - “femmina” è sempre stato un forte elemento catalogante, ma che oggi apre un dibattito acceso su una classificazione che non può più essere intesa come “bianco” o “nero”, ma che al suo interno ha tante sfumature di colore.

Non è un caso che il simbolo della comunità LGBTQIA+(acronimo che sta per“Lesbica, Gay, Bisessuale, Transgender, Queer o Questioning,Intersex, Asexuale, “+" è aggiunto per rappresentare tutte le altre identità di genere e orientamenti sessuali che non sono inclusi esplicitamente nell'acronimo”) sia proprio un arcobaleno, un ventaglio di colori. 

 

Se in passato le aziende dovevano fare i conti con il creare il giusto match tra opportunità notoriamente idonee a un uomo, e altre più in linea con una donna, sicuramente oggi hanno da lavorare tantissimo sui propri paradigmi mentali: nuova consapevolezza sociale, legata alle tematiche di orientamento sessuale e identità sessuale, ha un impatto significativo anche sulla sfera lavorativa ed è importante che sia un argomento su cui porre l’attenzione, riflettendo sulle politiche di inclusione che a oggi le aziende devono necessariamente mettere in atto. 

 

Ma facciamo prima un po’ di chiarezza. 

 

Sam Killerman è un attivista, autore, educatore e artista statunitense, fondatore di "It's Pronounced Metrosexual",un sito web che offre risorse educative su identità di genere, orientamento sessuale e altre questioni legate alla diversità e all'inclusione, e ha un grande merito: aver dato un supporto notevole sulla spiegazione dell’iconografia oggi conosciuta come “GenderBreadPerson”. La raffigurazione di questo “omino Pan di Zenzero”, simpatica e semplice, descrive quattro differenti concetti che caratterizzano tutti noi come esseri umani: 

 

  1. Identità di genere: si riferisce al modo in cui una persona si percepisce e si identifica. Quando l'identità di genere corrisponde al sesso assegnato alla nascita, si parla di persona cisgender. Al contrario, una persona transgender ha un'identità di genere diversa da quella assegnata alla nascita e può essere divisa in due categorie principali: binaria e non-binaria. Una persona transgender binaria si identifica con il genere opposto a quello assegnato alla nascita. Ad esempio, una persona con organi genitali maschili che si identifica come donna.Le persone non-binarie, invece, non si identificano esclusivamente come uomo o donna. Le persone non-binarie possono identificarsi in vari modi: per esempio una persona genderfluid ha un'identità di genere che varia nel tempo tra il maschile e il femminile, mentre una persona agender non si identifica con nessun genere specifico. 
  2. Orientamento/attrazione sessuale: sono l’attrazione romantica e sessuale nei confronti del genere opposto (eterosessuale), lo stesso genere (omosessuale), entrambi i generi(bisessuale), e altri orientamenti che prescindono dal genere della persona. 
  3. Sesso anatomico: include tutte le caratteristiche sessuali basate sulla conformazione biologica presenti alla nascita. Il sesso assegnato alla nascita può avere tre opzioni: femmina, maschio e intersex, un termine più inclusivo per indicare le persone che sono nate con una diversità dello sviluppo sessuale. 
  4. Espressione della persona: è la dimensione visibile del ruolo di genere (es. l’uomo in passato usava sempre i pantaloni, e la donna usava la gonna). Entrambi hanno una forte influenza dalle norme socioculturali del periodo storico in cui la persona vive. 
    Come spiega Stefano Ferri, scrittore, giornalista e consulente in comunicazione, che da anni è attivo su questa complessa tematica“Il crossdressing ad esempio è il fenomeno per cui qualcuno indossa abiti convenzionalmente riservati al sesso opposto. Oggi si parla solo di crossdressing maschile perché da decenni ormai non c’è più nulla che sia “convenzionalmente vietato” alle donne. La moda femminile ha sdoganato da tempo un’abbondanza di capi ispirati al guardaroba degli uomini (giacche, pantaloni, mocassini ecc), ed è questo sdoganamento a determinare la percezione di normalità.

 

Quanto al legame fra crossdressing e tendenze omosessuali, non è affatto detto che un uomo in gonna e tacchi sia gay o trans, così come non è affatto detto (e non succede quasi mai) che una donna in pantaloni e mocassini sia lesbica.” 

 

Pensiamoci: è capitato a tutti di conoscere una persona e non esser sicuri se etichettarla come “lui” o “lei”. 
 

Ancora oggi molte persone infatti confondono i concetti sopra descritti, e questa mancanza di consapevolezza crea spesso confusione, sia nell’insicurezza di approcciarci inclusivamente a un mondo che non conosciamo, sia nell’incapacità a utilizzare un linguaggio inclusivo.  

 
Il linguaggio inclusivo. Il nodo dello schwa 

 

Oggi si sta diffondendo diffuso l’utilizzo del carattere Ә, lo schwa, un grafema che assomiglia a una A ed O, è stato recentemente proposto anche in italiano dalla linguista Vera Gheno per raggiungere l’obiettivo che si stanno ponendo linguisti di ogni parte del mondo: rendere il linguaggio inclusivo quando facciamo riferimento alle persone, di qualsiasi genere e orientamento sessuale. L’utilizzo è molto dibattuto, in quanto i linguisti ritengono che non sia applicabile in italiano dal punto di vista scientifico. 

 

Ma può bastare, per le aziende, utilizzare il carattere Ә per palesarsi come aziende realmente inclusive? È un tema sicuramente complesso, quello dell’inclusione sull'identità di genere e sull'orientamento sessuale, perché sono sicuramente concetti nuovi rispetto al modo in cui siamo stati abituati a vedere le cose, ma anche perché si tratta di concetti dinamici e non statistici, che hanno una loro evoluzione nel tempo, come tutti i cambiamenti sociali che si rispecchino. 

 

Riflettere su questa inclusione è però fondamentale per i contesti aziendali, sia perché devono essere preparati a saper gestire la diversità anche su questo fronte, sia perché devono rimanere competitivi sul mercato del lavoro e restare attrattive soprattutto per le generazioni dei più giovani, nati in un contesto sociale in cui il mondo non è più catalogato sul semplice binomio maschio-femmina. 

 

Qualche dato utile per le aziende 

Al 2019, il 5,1% delle imprese con almeno 50 dipendenti (pari a oltre mille imprese) ha adottato almeno una misura volta a favorire l’inclusione dei lavoratori LGBTQ+:eventi formativi rivolti al top management e ai lavoratori sui temi legati alle diversità LGBTQ+; iniziative di promozione della cultura d’inclusione e valorizzazione delle diversità LGBTQ+; misure ad hoc per i lavoratori transgender; permessi, benefit e altre misure specifiche per i lavoratori LGBT+.  

 

 

Nella pratica, cosa fare? 

 

Benché l’omino del Pan diZenzero sia sicuramente un simpatico simbolo per spiegare in maniera semplice questi concetti, si vince con l’inclusione in un modo solo: con un atteggiamento di reale apertura e una comunicazione dedita all’ascolto delle esigenze della persona, che ci permettono di cogliere l’unicità di ognuno di noi.